mercoledì 2 febbraio 2011

The Tipping Point

Il punto. Teoricamente un concetto primitivo. Ne siamo sicuri? Anche perché già un punto da solo vuol dire tanto. Chiude tutto. Ti par poco? A me no. Per niente. Che poi prova a metter un punto accanto al niente e ti par niente tutto il resto. Ti par niente? Si, in effetti si. Sfrontato! Si, esatto. No, per niente! Ancora? Allora non ci siam capiti. Veramente, fino ad ora, par proprio nulla. Oddio no, adesso non cogliamo pure il nulla sennò si apre il tutto di quell’altro mondo che invece vorrei tener fuori da queste righe (e anche questo sembra facile, come si fa a mettere il tutto rinchiuso fra poche righe?). Dicevamo che c’era un punto, solo. E invece no. Ce ne son due. E qui la storia cambia. Prova a metterli uno sull’altro questi punti e vedi cosa apri! L’infinito. E invece no, dividi, dice lei. E allora li metto uno accanto all’altro, così evitiamo anche possibile progenie. Cavolo, cambiando la prospettiva, però, cambia anche il punto. Di vista, lo conoscevo. Ed eccoci ora con tre punti. Dannazione, dannazione. Se tra due punti una soluzione, retta o meno che fosse, si sarebbe sempre potuta trovare, adesso non più. Tre punti, tutti in fila, son pur sempre più di due e infilarli in maniera diritta, che sarebbe un sacrosanto diritto, è cosa non per gente comune. C’è chi dice che si possa arrivare addirittura a sette. No, sette no, mica basta mica più un colpo! Il minimo indispensabile non basta più a nessuno. Nessuno . . . Silenzio.


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